Ricorso della Regione Campania (codice fiscale  80011990636),  in
persona del Presidente della  Giunta  regionale,  dott.  Vincenzo  De
Luca, quale legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Giuseppe Testa  (codice  fiscale  TSTGPP54E25A064X)  e
Almerina  Bove  (codice  fiscale  BVOLRN70C46I262Z)   dell'Avvocatura
regionale      (pec:      almerinabove@pec.regione.campania.it      -
giuseppe.testa@pec.regione.campania.it;  fax  0817963684  presso  cui
desiderano  ricevere  ogni  comunicazione   ex   art.   136   c.p.c.)
domiciliati in Roma, alla via Poli n.  29  in  virtu'  di  mandato  a
margine del presente atto e deliberazione di Giunta  regionale  n.  4
dell'8 gennaio 2019; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la declaratoria di illegittimita' costituzionale,  previa  sospensiva
ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953,  dell'art.  25-septies,
commi  1,  2  e  3,  del  decreto-legge  23  ottobre  2018,  n.  119,
convertito, con modificazioni, in legge 17  dicembre  2018,  n.  136,
recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria»,  per
violazione degli articoli 3; 77; 97; 114; 117, comma 3; 118, commi  1
e 2, e 120 della Costituzione. 
 
                              F a t t o 
 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale -  del  18  dicembre
2018, n. 293, e' stata pubblicata la legge 17 dicembre 2018,  n.  136
di «Conversione in legge, con  modificazioni,  del  decreto-legge  23
ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale
e finanziaria». 
    2. L'art. 1, comma  1,  della  menzionata  legge  di  conversione
dispone che «il  decreto-legge  23  ottobre  2018,  n.  119,  recante
disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, e'  convertito
in legge con le modificazioni riportate  in  allegato  alla  presente
legge». 
    3. L'allegato alla legge di  conversione  richiamato  dal  citato
art. 1 dispone, tra le modifiche al decreto-legge 23 ottobre 2018, n.
119, tra l'altro, che «Dopo  l'art.  25  sono  inseriti  i  seguenti:
(omissis) ... 
    Art. 25-septies  (Disposizioni  in  materia  di  commissariamenti
delle  regioni  in  piano  di  rientro  dal  disavanzo  del   settore
sanitario). - 1. All'art. 1, comma 395, della legge 11 dicembre 2016,
n. 232, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo periodo
e' soppresso; b) al secondo periodo,  le  parole:  "per  le  medesime
regioni"  sono   sostituite   dalle   seguenti:   "per   le   regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma  2,  del  decreto-legge  1°
ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla  legge  29
novembre 2007, n. 222". 
    2. Al comma 569 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
sono apportate le seguenti modificazioni: a)  nell'alinea,  al  primo
periodo, le parole:  "e  successive  modificazioni,  sono  sostituite
dalle  seguenti:  "ovvero ai  sensi  dell'art.  4,   comma   2,   del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 novembre 2007, n. 222,"; b) nell'alinea, il secondo  e
il terzo periodo sono sostituiti dal  seguente:  "Il  commissario  ad
acta deve possedere qualificate e comprovate professionalita' nonche'
specifica esperienza di  gestione  sanitaria  ovvero  aver  ricoperto
incarichi di amministrazione o direzione di  strutture,  pubbliche  o
private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di  particolare
complessita',  anche  sotto  il  profilo  della   prevenzione   della
corruzione e della tutela della  legalita'";  c)  la  lettera  d)  e'
sostituita dalla seguente: "d) il comma 84-bis e' abrogato". 
    3. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del comma
569 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato
dal comma 2 del presente articolo, si applicano anche agli  incarichi
commissariali in atto, a qualunque titolo, alla data  di  entrata  in
vigore  del  presente  decreto.  Conseguentemente  il  Consiglio  dei
ministri provvede entro novanta giorni, secondo la procedura  di  cui
all'art. 2, comma 79, della legge 23  dicembre  2009,  n.  191,  alla
nomina di un commissario ad acta per  ogni  regione  in  cui  si  sia
determinata  l'incompatibilita'  del  commissario,  il  quale   resta
comunque in carica fino alla nomina del nuovo commissario ad acta». 
    4. Alla stregua delle modifiche apportate con la citata legge  di
conversione n. 136 del 17 dicembre 2018, l'art. 25-septies, commi 1 e
2, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 ha,  pertanto,  disposto
l'incompatibilita' del conferimento e del mantenimento  dell'incarico
di commissario ad acta per l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario delle Regioni  con  l'espletamento  di  incarichi
istituzionali presso la Regione soggetta a  commissariamento,  mentre
il comma 3 dell'art. 25-septies citato, ha  sancito  l'applicabilita'
dell'indicata disposizione  anche  agli  incarichi  commissariali  in
corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione,  con
la conseguenza che  l'attuazione  della  predetta  norma  comportera'
l'indiscriminata decadenza dall'incarico commissariale dei Presidenti
di Regione a far data dalla nomina dei nuovi commissari ad acta. 
    5. Il citato art. 25-septies, commi 1, 2 e 3,  del  decreto-legge
23 ottobre 2018, n. 119, cosi' come  convertito,  con  modificazioni,
dalla  legge  17  dicembre  2018,  n.   136   e'   costituzionalmente
illegittimo per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
I. Violazione degli articoli 114, 117, comma 3, 118  e  120  Cost.  -
Illegittima pretermissione  del  meccanismo  dell'intesa  in  materia
oggetto di legislazione concorrente. 
    1. La cornice normativa all'interno della  quale  si  colloca  la
complessa materia dei piani di rientro dai disavanzi sanitari  e  dei
commissariamenti delle regioni inadempienti e' storicamente delineata
da apposite Intese tra Governo e Regioni e Patti  per  la  Salute  di
respiro triennale, in ossequio alla riforma del titolo V della  Carta
costituzionale, che annovera la tutela della salute nell'ambito delle
materie di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3;
nel settore della sanita', gli obiettivi  di  finanza  pubblica  sono
stati posti, in particolare, attraverso un  sistema  di  accordi  fra
Stato e Regioni (i c.d. «Patti per la Salute»), generalmente recepiti
da leggi statali, che divengono cosi' vincolanti per le  Regioni  (in
tal senso, ad es., le sentenze Corte costituzionale numeri 40  e  100
del 2010). 
    2. I piani di rientro in particolare nascono con l'art. 1,  comma
180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e con la successiva Intesa
tra Governo e Regioni del 23 marzo 2005 (art. 8), per poi trovare una
piu' puntuale disciplina nel Patto per la  Salute  2007-2009,  i  cui
contenuti sono stati in seguito  recepiti  nella  legge  27  dicembre
2006, n. 296; successivamente, con il Patto per la  Salute  2010-2012
(art. 13), di cui all'Intesa tra Governo e  Regioni  del  3  dicembre
2009, poi recepita nella legge 23 dicembre 2009,  n.  191,  e'  stata
anche disciplinata la procedura a seguito della  quale,  in  caso  di
inadempimento  da  parte  delle  regioni  che  presentano   disavanzi
sanitari  strutturali,  il  Consiglio  dei  ministri,  in  attuazione
dell'art. 120 della Costituzione, «nomina il presidente della regione
commissario ad acta per  la  predisposizione  nei  successivi  trenta
giorni del piano di rientro e per  la  sua  attuazione  per  l'intera
durata del piano stesso». 
    3. L'esperienza dei commissariamenti ad acta dei servizi sanitari
regionali con disavanzi sanitari da ripianare nasce  e  si  sviluppa,
quindi,  senza  che  per  anni  venga  posta  alcuna   questione   di
incompatibilita'  istituzionale  tra  la  figura  del  Presidente  di
Regione e quella di commissario ad acta, tanto che  molti  Presidenti
di Regione hanno, nel tempo, assunto anche l'incarico  di  commissari
ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari;
in particolare, con il Patto per la Salute 2014-2016  (art.  12),  di
cui all'Intesa tra Governo e Regioni del 10 luglio 2014, si e' posta,
per la prima volta, la questione  dell'incompatibilita'  tra  le  due
figure    istituzionali,    peraltro    limitatamente    ai     nuovi
commissariamenti.  In  quella  sede,  Governo  e  Regioni  hanno,  in
particolare, espressamente convenuto,  tra  l'altro,  «di  promuovere
l'adozione di modifiche normative necessarie affinche',  in  caso  di
nuovi commissariamenti, sia previsto che la nomina a  commissario  ad
acta  sia  incompatibile  con  l'affidamento  o  la  prosecuzione  di
qualsiasi  incarico  istituzionale  presso  la  Regione  soggetta   a
commissariamento». La relativa norma, come testualmente previsto, non
avrebbe comunque mai potuto riferirsi anche ai commissariamenti  gia'
in atto, ma soltanto a quelli ancora a disporsi: il principio sotteso
all'intesa raggiunta con il citato Patto e'  quello  di  evitare  che
possa essere nominato commissario ad acta proprio  il  Presidente  di
Regione sotto il cui governo si siano manifestate  le  condizioni  di
«disavanzo sanitario  strutturale»  e  che  non  abbia  provveduto  a
presentare nei termini il relativo piano di rientro,  ovvero  che  lo
abbia presentato, ma in una versione ritenuta dagli  organi  preposti
non meritevole di valutazione positiva. 
    4. Nel recepire i contenuti del Patto per la Salute 2014-2016, la
legge 23 dicembre 2014, n. 190, ai  commi  569  e  570  dell'art.  1,
stabiliva che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione,
l'adozione o l'attuazione del piano  di  rientro  dal  disavanzo  del
settore  sanitario  fosse  incompatibile  con  l'affidamento   o   la
prosecuzione  di  qualsiasi  incarico  istituzionale  nella   regione
soggetta   a   commissariamento,   estendendo    tale    regime    di
incompatibilita' ex lege anche ai commissariamenti gia' in corso;  in
coerenza alla ratio originaria ispiratrice del  citato  art.  12  del
Patto per la Salute 2014-2016, la Conferenza delle  Regioni  e  delle
Province autonome poneva all'unanimita', nel documento  approvato  in
data 14 ottobre 2016, anche la richiesta di modifica normativa  volta
all'eliminazione della  citata  incompatibilita'  istituzionale,  nei
casi di commissariamenti gia' in corso. 
    Con le previsioni di cui ai commi 395 e  396  dell'art.  1  della
legge  11  dicembre   2016,   n.   232,   veniva,   dunque,   rimossa
l'incompatibilita' ex lege tra la nomina a commissario ad acta per la
predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di  rientro  dal
disavanzo del settore sanitario e l'affidamento o la prosecuzione  di
qualsiasi incarico istituzionale  nelle  regioni  gia'  a  suo  tempo
commissariate. 
    5. La Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome,  anche
di recente, sulla tematica dei rapporti tra espletamento di  funzioni
istituzionali presso la  Regione  e  l'assolvimento  dei  compiti  di
commissario ad acta, nella riunione dell'8 agosto 2018,  nell'aderire
ad una specifica istanza  presentata  dal  Presidente  della  Regione
Molise,  ha  condiviso  l'esigenza  rappresentata  che  «prevalga  la
collaborazione istituzionale e che si tenga conto della necessita' di
garantire  il  massimo  raccordo  possibile  tra  la   programmazione
regionale, l'azione amministrativa e la scelta del commissario». 
    6. Da ultimo, in data  13  dicembre  2018,  la  Conferenza  delle
Regioni  ha  approvato  all'unanimita'  il   documento   dal   titolo
«Problematiche relative ai piani di rientro dal disavanzo sanitario e
ai commissariamenti ad  acta  nell'ambito  del  nuovo  Patto  per  la
salute» nel quale si rileva che «In considerazione della  circostanza
per la quale, nell'Accordo tra Governo e Regioni sulla  manovra  2019
in tema di Sanita', e' prevista la sottoscrizione, entro il  prossimo
31 marzo 2019, del Patto per la Salute 2019/2021, le Regioni chiedono
al Governo che qualsiasi decisione, riguardante le Regioni  in  Piano
di rientro e i commissariamenti ad acta per il rientro dai  disavanzi
sanitari, sia discussa  e  inserita  esclusivamente  nell'ambito  del
citato  Patto  per  la  Salute.  Cio'  nella  primaria   e   decisiva
considerazione  che,  come  confermato   piu'   volte   dalla   Corte
costituzionale (vedi Sentenze numeri 40 e 100 del 2010), il Patto per
la Salute e' la sede naturale dove dare attuazione  al  principio  di
leale collaborazione tra Governo e Regioni nella materia  concorrente
della tutela della salute. Sempre nel richiamato  Patto,  le  Regioni
chiedono che vengano disciplinate  modalita',  criteri  e  tempi  per
l'uscita dai commissariamenti e dai Piani di rientro, sulla  base  di
parametri oggettivi riguardanti l'avanzamento dei programmi operativi
e, soprattutto, il  raggiungimento  delle  condizioni  di  equilibrio
economico in un arco temporale definito. Piu' in generale, si ritiene
che il prossimo Patto per la Salute 2019/2021 sia la sede piu' idonea
per  svolgere  approfondite  riflessioni  in  ordine  al  superamento
dell'esperienza dei commissariamenti ad  acta,  anche  e  soprattutto
alla luce dell'attuale contesto istituzionale, che si va sempre  piu'
delineando  nel  nostro  Paese,  volto  ad  un   nuovo   regionalismo
responsabile ed in considerazione, altresi', dei  risultati  fin  qui
conseguiti nelle regioni  commissariate  sia  sotto  il  profilo  del
risanamento  economico-finanziario,   sia   nella   prospettiva   del
miglioramento della qualita' dell'assistenza sanitaria. Al  riguardo,
le Regioni ritengono anche che  debba  essere  tenuta  nella  massima
considerazione la recente sentenza della Corte costituzionale n.  199
del 2018, laddove viene rilevata "l'anomalia di  un  commissariamento
della sanita' regionale protratto per oltre un  decennio,  [...]  con
tutte le ripercussioni che esso determina anche sugli equilibri della
forma di governo regionale, a causa del perdurante esautoramento  del
Consiglio e della stessa Giunta a favore del  commissario  ad  acta".
Sulla scorta di  tali  considerazioni,  le  Regioni  evidenziano  che
l'eventuale regime di incompatibilita' tra  la  figura  istituzionale
del Presidente di Regione e quella di commissario ad acta (regime  di
incompatibilita' che dovesse essere introdotto,  medio  tempore,  nel
nostro ordinamento, al di fuori della sua sede propria del Patto  per
la Salute 2019/2021) non potra'  comunque  trovare  applicazione  nei
sistemi sanitari regionali che hanno conseguito  equilibri  economici
di bilancio da piu' di un  triennio  e  punteggi  nella  Griglia  LEA
progressivamente  e  significativamente  crescenti  nel  tempo  (come
confermati dal Tavolo ministeriale di  verifica  degli  adempimenti),
dal momento che tale circostanza aggraverebbe ulteriormente -  e  non
di   poco   -   l'anomalia   da   ultimo   richiamata   dalla   Corte
costituzionale». 
    7. Cio' posto, l'impugnata  disposizione  di  legge  presenta  un
evidente profilo di illegittimita' nella parte  in  cui  l'intervento
unilaterale del Parlamento, nella materia di legislazione concorrente
«tutela della salute»,  realizza  un'illegittima  compressione  delle
prerogative e competenze regionali - con conseguente violazione degli
articoli 114, 117, comma 3, 118, 120 Cost. laddove oblitera del tutto
il  meccanismo  dell'intesa,  quale  necessario  raccordo   di   tipo
procedimentale che conduce ad una codeterminazione della decisione  o
quanto meno ad una partecipazione ai processi decisionali degli  enti
chiamati  a  diverso  titolo  ad  esercitare  in   materia   funzioni
legislative e amministrative. Le norme in esame, in assenza di intesa
in sede di Conferenza Stato  Regioni  e  in  difformita'  rispetto  a
quanto previsto per la modifica del Patto per la Salute,  configurano
una illegittima pretermissione unilaterale dell'intesa da parte dello
Stato, con grave violazione del principio  di  leale  collaborazione,
come confermato  da  copiosa  giurisprudenza  costituzionale  che  ha
chiarito che  l'intervento  statale,  ove  interferisca  con  materie
costituzionalmente garantite alle Regioni, deve  essere  disciplinato
con la  previsione  di  attivita'  concertative  e  di  coordinamento
dell'attivita' orizzontale - appunto, le intese - che  devono  essere
condotte in base  al  principio  di  lealta'.  L'intesa  rappresenta,
precisamente, lo strumento di realizzazione del  principio  di  leale
cooperazione che - per giurisprudenza ormai consolidata -  si  impone
in tutti i casi in cui vi sia connessione, intersezione  o  reciproca
incisione  tra  attribuzioni  costituzionali  spettanti  a   soggetti
diversi. E l'intesa consiste in una «paritaria  codeterminazione  del
contenuto dell'atto», senza che questa possa  in  alcun  modo  essere
declassata a «mera attivita' consultiva non vincolante» (sentenze  n.
27/2004;  n.  339/2005,  n.  121/2010);  sul   tema   Codesta   Corte
costituzionale ha avuto modo di chiarire, altresi', che «nei casi  di
attrazione  in  sussidiarieta'  di  funzioni   relative   a   materie
rientranti nella  competenza  concorrente  di  Stato  e  Regioni,  e'
necessario,   per   garantire   il   coinvolgimento   delle   Regioni
interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da  contemperare
le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e  la  garanzia
delle  funzioni  costituzionalmente  attribuite  alle   Regioni   (ex
plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del  2004).  La  previsione
dell'intesa, imposta dal principio di leale  collaborazione,  implica
che non sia legittima una norma contenente una «drastica  previsione»
della decisivita' della volonta'  di  una  sola  parte,  in  caso  di
dissenso, ma che siano necessarie «idonee  procedure  per  consentire
reiterate trattative volte a superare le  divergenze»  (ex  plurimis,
sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). 
II. Violazione degli articoli 3, 97, 114, 117, 118 e 120 Cost.  sotto
altro profilo, concernente la mancata  previsione  di  meccanismi  di
codecisione o collaborazione nella nomina del commissario. 
    Sotto  il  profilo  afferente  al  contenuto  della   norma,   le
disposizioni  impugnate  realizzano  una  chiara   violazione   degli
articoli 3, 97, 118, commi 1 e 2 e 120 Cost., tenuto conto  che  esse
disciplinano l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato,
attraverso la nomina del commissario ad acta  senza  definire  alcuna
procedura atta a garantire l'esplicazione della leale collaborazione,
con conseguente violazione altresi' dei principi  che  sottendono  la
cd. «chiamata in sussidiarieta'» da parte dello Stato. 
    Risulta  parimenti  ravvisabile  l'ulteriore   violazione   degli
articoli  3,  97,  114,  117,  118  e  120  della  Costituzione,  per
violazione del  principio  di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento
dell'azione amministrativa, gravissimo pregiudizio delle competenze e
del corretto e proficuo espletamento delle attivita'  della  Regione,
per la indiscriminata, immotivata e  irragionevole  previsione  della
incompatibilita' tra l'espletamento dell'incarico di Presidente della
Regione  e  l'incarico   commissariale,   a   prescindere   da   ogni
responsabilita' del  Presidente  pro  tempore  della  Regione  -  cui
vengono inibite  l'assunzione  e  la  conservazione  dell'incarico  -
rispetto alla determinazione  della  situazione  di  disavanzo,  e  a
prescindere, altresi', dagli esiti delle attivita' gia' compiute  nel
ruolo di commissario e dei relativi risultati.  Le  stesse,  infatti,
escludono ingiustificatamente la possibilita' che il Presidente della
Regione, democraticamente eletto,  possa  svolgere  (o  continuare  a
svolgere) il ruolo commissariale anche laddove non vi sia  alcun  suo
collegamento con la determinazione della situazione di disavanzo, per
il tempo in cui tale situazione si e' determinata. 
    A tale  riguardo,  si  e'  sopra  rilevato  come,  nel  documento
approvato all'unanimita' dalla Conferenza delle Regioni  in  data  13
dicembre 2018 (versato in atti), si evidenzi come «il prossimo  Patto
per la  Salute  2019/2021  sia  la  sede  piu'  idonea  per  svolgere
approfondite riflessioni in ordine al superamento dell'esperienza dei
commissariamenti ad acta, anche e soprattutto alla luce  dell'attuale
contesto istituzionale, che si va sempre piu' delineando  nel  nostro
Paese,  volto  ad  un   nuovo   regionalismo   responsabile   ed   in
considerazione, altresi', dei  risultati  fin  qui  conseguiti  nelle
regioni  commissariate  sia  sotto   il   profilo   del   risanamento
economico-finanziario, sia nella prospettiva del miglioramento  della
qualita' dell'assistenza sanitaria. Al riguardo, le Regioni ritengono
anche che debba essere tenuta nella massima considerazione la recente
sentenza della Corte costituzionale n. 199 del  2018,  laddove  viene
rilevata "l'anomalia di un commissariamento della  sanita'  regionale
protratto per oltre un decennio, [...] con tutte le ripercussioni che
esso  determina  anche  sugli  equilibri  della  forma   di   governo
regionale, a causa del perdurante esautoramento del Consiglio e della
stessa Giunta a favore del commissario ad acta". Sulla scorta di tali
considerazioni, le Regioni  evidenziano  che  l'eventuale  regime  di
incompatibilita'  tra  la  figura  istituzionale  del  Presidente  di
Regione e quella di commissario ad acta (regime  di  incompatibilita'
che dovesse essere introdotto, medio tempore, nel nostro ordinamento,
al di fuori della sua sede propria del Patto per la Salute 2019/2021)
non  potra'  comunque  trovare  applicazione  nei  sistemi   sanitari
regionali che hanno conseguito equilibri  economici  di  bilancio  da
piu' di un triennio e punteggi nella Griglia LEA  progressivamente  e
significativamente crescenti nel tempo (come  confermati  dal  Tavolo
ministeriale di verifica degli adempimenti),  dal  momento  che  tale
circostanza aggraverebbe ulteriormente - e non di poco  -  l'anomalia
da ultimo richiamata dalla Corte costituzionale». 
III. Violazione  degli  articoli  3  e  97  Cost.  -  Violazione  del
principio  di  ragionevolezza  e  di   buon   andamento   dell'azione
amministrativa. 
    1. Le disposizioni impugnate, nella parte in  cui  non  escludono
dalla incompatibilita' i Presidenti/Commissari che abbiano conseguito
risultati  positivi  della  gestione  commissariale,  attestati   dai
Ministeri affiancanti, risultano in palese contrasto, altresi', con i
principi di ragionevolezza e proporzionalita' di cui agli articoli in
rubrica, in quanto sanciscono l'incompatibilita' in termini  assoluti
e generali, a  prescindere  da  qualsiasi  connessione  con  i  fatti
determinativi  del  disavanzo  e  con  i  risultati  raggiunti  dalla
gestione commissariale e  arrecano,  in  particolare,  un  gravissimo
vulnus alla Regione Campania, laddove si consideri che, come  risulta
dal decreto commissariale 99/2018  -  Piano  triennale  2019-2021  di
sviluppo e riqualificazione del Servizio sanitario campano ex art. 2,
comma 88, della  legge  23  dicembre  2009,  n.  191,  «Il  lungo  ed
impegnativo   percorso   di    risanamento,    razionalizzazione    e
riqualificazione fin qui compiuto ha portato  il  Servizio  sanitario
regionale, anche grazie all'efficacia  dell'azione  di  affrancamento
garantita in questi anni dai Ministeri dell'economia e delle  finanze
e della salute, a conseguire condizioni  strutturali  e  durature  di
equilibrio economico. 
    La Regione Campania, a partire dall'anno 2013  e  fino  al  2017,
come certificato dai Tavoli di verifica  ministeriali,  ha  raggiunto
una  situazione  strutturata  di  sostanziale  equilibrio,  riuscendo
quindi nel difficile processo di risanamento dei propri conti e nella
puntuale e tempestiva attuazione  degli  interventi  di  riequilibrio
previsti dal piano. Le azioni  intraprese  negli  ultimi  anni  dalla
Regione Campania e dalle Aziende sanitarie  hanno  consentito  da  un
lato il raggiungimento  dell'equilibrio  economico  e  dall'altro  il
rafforzamento delle situazioni patrimoniali delle Aziende sanitarie e
del Consolidato regionale, in particolare,  attraverso  un'importante
attivita' di sistemazione contabile che ha  di  fatto  consentito  un
notevole miglioramento della qualita' dei dati contabili. 
    Tra i risultati meritevoli di nota, in quanto rilevanti  sia  per
la Regione che per le Aziende sanitarie in termini di lavoro e  tempo
profuso per il perseguimento degli stessi, si rilevano: 
      le coperture integrate dalle partite pregresse degli  Enti  del
SSR. Tale  situazione  e'  gia'  rappresentata  nel  Bilancio  al  31
dicembre 2016; 
      la strutturazione del processo di gestione del  contenzioso  in
capo  ai  singoli  Enti  del  SSR,  che  ha  visto  da  un  lato   il
completamento delle attivita' della Due Diligence  del  Fondo  rischi
con conseguente ricognizione analitica del  contenzioso  in  capo  ai
singoli Enti del SSR e relativa valutazione di congruita'  del  fondo
rischi al 31 dicembre 2016 e dall'altro una gestione  sistematica  ed
omogenea  del  contenzioso  da  parte  dei  singoli  Enti  attraverso
l'utilizzo  di  una  piattaforma  informatica  e  di   procedure   di
rilevazione e valutazione del contenzioso comune; 
      il ridimensionamento, quasi  azzeramento,  del  fenomeno  della
mancata  regolarizzazione  delle  carte  contabili  per  pignoramenti
passate da circa 850 mln al 31 dicembre 2009 a ca.  25  €/mln  al  31
dicembre 2017. Il totale azzeramento del fenomeno e' previsto per  il
bilancio al 31 dicembre 2018. 
    Il completamento del processo di passaggio di tutti gli Enti  del
SSR campano al nuovo sistema informatico SAP previsto nell'ambito del
progetto di cui l'ex art. 79 legge n. 133/2008,  che  entro  la  fine
dell'anno 2019 consentira' di fornire ulteriore  impulso  in  termini
sia di rafforzamento della struttura patrimoniale delle  Aziende  sia
in termini di miglioramento della qualita' dei dati contabili». Sotto
il profilo della qualita' delle prestazioni sanitarie,  poi,  risulta
certificato che «si registra un netto miglioramento per le annualita'
2016-2017, rilevabile attraverso i punteggi raggiunti in  termini  di
Griglia LEA. Nello specifico, la Regione Campania e'  passata  da  un
punteggio in Griglia LEA pari a 106  per  l'annualita'  2015,  ad  un
punteggio pari a 152  rilevabile  per  l'annualita'  2017.  Nel  2018
saranno  confermati  i  risultati  raggiunti  nel  2017  e  date   le
proiezioni esistenti per il 2018 la Regione ritiene di superare i 160
punti in Griglia LEA»  e  che  «negli  ultimi  due  anni  la  Regione
Campania  ha  potuto  mostrare  ai  Tavoli  ministeriali  una   nuova
attendibilita' e credibilita' in termini di programmazione  ed  esiti
di salute, nel processo di risanamento contabile ed assistenziale. Il
recupero nel periodo 2016/2018 e' caratterizzato da  una  consolidata
stabilizzazione economico-finanziaria e da una marcata  crescita  per
gli indicatori che misurano i processi assistenziali. Gli adempimenti
LEA, da tempo fermi all'annualita' 2012, sono  stati  recuperati  dal
novembre 2017 in poi, permettendo lo sblocco di fondi  sanitari  pari
al  3%  annuo  del  FSR,  quale  quota  premiale   rilasciata   nella
disponibilita' della Regione solo a seguito della verifica  nazionale
in ordine agli avvenuti adempimenti. Le quote  sbloccate  nell'ultimo
anno sono risultate 3, con ingresso di  importanti  risorse  per  una
nuova disponibilita' economica a garanzia dei LEA.». 
    2. La dedotta violazione delle norme in rubrica rileva, altresi',
sotto ulteriore profilo,  laddove  la  norma  denunciata,  prevedendo
l'immediata  cessazione  delle  funzioni  commissariali  in  capo  ai
Presidenti   della   Regione,   viola   patentemente    i    principi
costituzionali di buon andamento e imparzialita' e,  in  particolare,
il  principio  di  continuita'  dell'azione  amministrativa  che   e'
strettamente correlato a quello di buon andamento dell'azione stessa.
Quanto rilevato, vale tanto piu' con riferimento  alle  Regioni  che,
come la Regione Campania, abbiano richiesto l'applicazione  dell'art.
2, comma 88 della legge n. 191/2009 («a seguito dell'approvazione del
nuovo  piano  cessano  i  commissariamenti,  secondo  i  tempi  e  le
procedure definiti nel medesimo piano per il passaggio dalla gestione
straordinaria commissariale alla  gestione  ordinaria  regionale»)  e
gia'  predisposto  il  Piano  per   il   passaggio   dalla   gestione
straordinaria. 
IV. Violazione dell'art. 77 Cost.  -  Improprio  uso  del  potere  di
conversione e carenza dei presupposti costituzionalmente  sanciti  di
nesso  interfunzionale  tra  le  norme  impugnate  e  la   legge   di
conversione. 
    Il decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.  119,  come  testualmente
previsto dal preambolo, risponde  alla  «straordinaria  necessita'  e
urgenza di  prevedere  misure  per  esigenze  fiscali  e  finanziarie
indifferibili». 
    Rispetto all'indicato contenuto, le disposizioni impugnate, nella
parte in cui non limitano l'incompatibilita' al Presidente di Regione
in carica nel corso degli anni in cui il disavanzo  si  e'  venuto  a
concretizzare, ma  estendono  indiscriminatamente  l'incompatibilita'
sulla scorta del mero dato formale  della  doppia  carica,  risultano
completamente avulse ed estranee dalla natura fiscale  e  finanziaria
delle misure recate dal decreto-legge, con conseguente illegittimita'
costituzionale anche sotto il profilo della carenza del  collegamento
che l'art. 77 Cost. impone tra decreto-legge e legge di conversione. 
    Codesta Corte costituzionale ha, piu'  volte,  chiarito  che  «Si
deve ritenere che l'esclusione della possibilita' di  inserire  nella
legge di  conversione  di  un  decreto-legge  emendamenti  del  tutto
estranei all'oggetto  e  alle  finalita'  del  testo  originario  non
risponda soltanto ad esigenze di  buona  tecnica  normativa,  ma  sia
imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un
nesso di interrelazione funzionale  tra  decreto-legge,  formato  dal
Governo ed emanato  dal  Presidente  della  Repubblica,  e  legge  di
conversione,  caratterizzata  da  un  procedimento  di   approvazione
peculiare  rispetto  a  quello  ordinario»,  e  che  «In  definitiva,
l'innesto   nell'iter   di   conversione   dell'ordinaria    funzione
legislativa  puo'  certamente  essere  effettuato,  per  ragioni   di
economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale
tra decretazione d'urgenza e potere di conversione.  Se  tale  legame
viene interrotto, la violazione dell'art. 77, secondo  comma,  Cost.,
non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza per
le norme eterogenee aggiunte, che,  proprio  per  essere  estranee  e
inserite successivamente, non possono collegarsi  a  tali  condizioni
preliminari, ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento,  di  un
potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalita' di
procedura, allo scopo tipico  di  convertire,  o  non,  in  legge  un
decreto-legge» (sent. Corte costituzionale  n.  22  del  13  febbraio
2012). 
 
            Istanza di sospensione delle norme impugnate 
 
    L'art. 35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della
legge n. 131/2003, demanda a  Codesta  Ecc.ma  Corte  la  sospensione
delle norme impugnate, laddove ricorrano i presupposti del fumus boni
iuris e del periculum in mora. 
    Sotto il primo profilo, si rinvia a tutto quanto innanzi esposto. 
    Per la sussistenza del periculum  in  mora,  si  rappresenta  che
l'ordinamento pubblico e l'assetto delle competenze  prefigurato  dal
legislatore regionale, nonche' i diritti dei cittadini in materia  di
diritto   e   tutela   della   salute,   sarebbero    gravemente    e
irreparabilmente compromessi ove, nelle more  della  definizione  del
giudizio nel merito, le disposizioni impugnate - e in particolare  la
norma di cui al terzo comma, che prevede la nomina, quale commissario
ad acta, di un  soggetto  terzo  rispetto  all'assetto  istituzionale
dell'Ente, in sostituzione  degli  attuali  commissari  -  trovassero
applicazione. 
    Con specifico riferimento alla Regione ricorrente,  si  evidenzia
che la nomina di un nuovo commissario, estraneo  al  procedimento  di
risanamento  posto  in  essere,  peraltro  sostanzialmente  in   fase
conclusiva, cagionerebbe il  blocco  delle  relative  attivita',  con
conseguenziale certo ritardo nella conclusione del virtuoso  percorso
posto  in  essere  e  nella  fuoriuscita   della   Regione   Campania
dall'attuale stato di commissariamento. Non puo'  non  rilevarsi,  al
riguardo, che anche  il  solo  periodo  oggettivamente  necessario  a
consentire al nuovo commissario  di  acquisire  l'intera  mole  della
documentazione concernente lo stato del sistema sanitario  regionale,
le  relative  problematiche  e  le  attivita'   in   corso,   sarebbe
incompatibile con l'interesse  pubblico  a  scongiurare  interruzioni
nelle attivita' e nei miglioramenti in  atto,  attestati  dai  tavoli
ministeriali. Si consideri, al riguardo, che nel verbale di  verifica
del luglio 2018 i  Ministeri  affiancanti,  rilevano  che  «Tavolo  e
Comitato,  a  partire  da  quanto  dettagliatamente   riportato   nei
paragrafi precedenti, valutano quanto segue: 
      (omissis) valutano che la Regione Campania  a  Consuntivo  2017
presenta un avanzo di 7,878 mln di euro. 
    Dopo il conferimento delle coperture fiscali  di  51,755  mln  di
euro presenta un avanzo di 59,633 mln di euro. 
    A seguito delle analisi  svolte  sui  conti  di  consuntivo  2017
Tavolo  e  Comitato  valutano  che  la  maggiore  copertura   fiscale
dell'anno d'imposta 2018  puo'  rientrare  nella  disponibilita'  del
bilancio regionale; 
      (omissis); 
      nel prendere atto della importante sistemazione  contabile  del
patrimonio netto e della chiusura delle perdite pregresse,  ritengono
che la manovra fiscale anno  d'imposta  2017  possa  rientrare  nella
disponibilita'  del  bilancio  regionale.  Restano  in  attesa  della
chiusura dei bilanci 2017 e  dei  trasferimenti  dei  contributi  per
ripiano perdita alle aziende al fine di chiudere anche  contabilmente
le partite patrimoniali; 
      alla luce delle analisi svolte e, avendo  la  Regione  Campania
registrato un trend consolidato nel triennio di risultati di gestione
in equilibrio, ai sensi dell'art. 2, comma 6,  del  decreto-legge  n.
120/2013, e' consentita dall'anno d'imposta 2019 l'eliminazione o  la
destinazione a finalita' extrasanitarie del  gettito  delle  aliquote
fiscali che erano destinate all'equilibrio del SSR  a  seguito  della
sottoscrizione dell'Accordo per il  Piano  di  rientro.  Resta  fermo
quanto previsto dall'art. 2, comma 86 della legge n. 191/2009;  sulla
base dei dati del I trimestre 2018 si prospetta per  l'anno  2018  un
risultato di gestione in equilibrio; 
      relativamente  al   monitoraggio   dell'erogazione   dei   LEA,
evidenziano  taluni  miglioramenti,  pur  persistendo  criticita'  in
particolare   sugli   screening    oncologici    e    sull'assistenza
territoriale; (omissis)». 
    Lo svincolo  per  finalita'  extra-sanitarie  che  il  tavolo  di
verifica  ha  consentito  a  favore  del   bilancio   regionale,   in
considerazione dell'importante lavoro  di  sistemazione  patrimoniale
relativo alle coperture  delle  perdite  pregresse  e  dei  risultati
economici ormai strutturalmente positivi,  anche  a  preventivo  (sul
bilancio 2019,  ad  eventuale  presidio  del  disavanzo  2018)  delle
risorse fiscali derivanti dalla massimizzazione delle aliquote  IRPEF
(0,50%)  ed  IRAP   (0,92%)   e'   la   inconfutabile   testimonianza
dell'affidabilita' che ormai il SSR ha conquistato sotto  il  profilo
della tenuta economico-finanziaria dei suoi conti: mai il MEF avrebbe
acconsentito ad uno svincolo del genere se avesse ravvisato rischi di
copertura in prospettiva. 
    L'interruzione delle attivita'  in  corso  minerebbe,  del  pari,
irreparabilmente il  miglioramento  dei  LEA  registrato  in  maniera
significativa nell'ultimo biennio, come sopra  esposto  e  come  pure
certificato dai Ministeri affiancanti, nei termini sopra indicati. 
    Le dedotte circostanze - pacifiche ed incontrovertibili - che  in
Regione Campania il disavanzo sia stato realizzato in un periodo  (di
molto) anteriore rispetto all'elezione dell'attuale Presidente  della
Regione e  che  l'attuale  gestione  commissariale  abbia  conseguito
significativi risultati in termini  di  risanamento  economico  e  di
miglioramento dell'assistenza, determinano che la  sospensione  delle
disposizioni di legge gravate, da un  lato,  varrebbe  a  scongiurare
gravissimi  rischi  alla  collettivita'  regionale,  dall'altro,  non
arrecherebbe nessun danno  all'interesse  pubblico  perseguito  dalla
legge nazionale, consistente nell'esigenza di evitare il pericolo  di
danni  all'erario  derivante   dall'espletamento   del   compito   di
risanamento proprio da parte di chi il disavanzo abbia cagionato. 
    E' di tutta evidenza, pertanto, l'esistenza dei  presupposti  per
la concessione dell'invocata misura di sospensione;